Umberto Zaccaria
 

 

Tutto è, soprattutto in arte, teoria sviluppata e applicata a contatto della natura. Sono parole che in sostanza ci dicono come, rispetto a produrre un’opera d’arte non esistono idee anteriori e neppure posteriori. In altre parole, cioè, un pittore quando è tale, si inventa, direi via via che procede nella sua strada. La sollecitazione gli viene dall’esterno, provoca, evidentemente in lui delle idee, le quali a loro volta agiscono sull’operante. Un processo quasi automatico, per cui c’è una dipendenza strettissima fra mondo esterno e mondo interno; tutto questo discorso, questa argomentazione mi è sorta trovandomi di fronte al curioso problema della pittura di Saverio Magno, il quale in un particolare momento della storia della sua pittura, riesce a tradurre, con estrema sensibilità, il senso tutto suo della natura e delle forze elementari di essa, in termini di pittura se non astratta quasi informale.Una sorta si profonda compenetrazione con i suoi fondi marini, in cui l’ambiente si fa “spugna di sensazioni” e coglie in un istante la durata e lo spessore di miriadi di sfavillanti elementi, nutriti da imprevedibili flussi di luce, attraverso minimi rilievi e “nuance”di toni che comprendono quasi tutta la gamma di verdi, viola e grigi perla. Il contesto in cui Saverio Magno, sembra volersi svincolare da ogni limitativa in grazia del mezzo e al fine di arricchire liberamente il suo discorso pittorico, ultimamente ha raccolto l’estensione della sua pittura; in cui compaiono brani i quali contengono tutti i valori della pittura informale, sono questi suggestivi “frammenti marini” la cui importanza estetica è accresciuta dal fatto che essi non rimangono fini a se stessi, ma tendono a costruirsi in una visione completa e comunicativa.


Umberto Zaccaria (Modena 1998)